ELEZIONI REGIONALI : “CHIACCHIERE E DISTINTIVO “

Passerà probabilmente alla storia politica della Calabria come la campagna elettorale più scialba, stentata, astratta, purgata di ogni emotività e passione. E’ il punto più basso della caduta dei partiti, della perdita della loro rilevanza e credibilità. Unici dominatori del campo i quattro candidati alla presidenza che si sono battuti come hanno potuto, con tutti i limiti e le restrizioni di contatto e assembramenti per il Covid 19.A dir poco patetici i leader nazionali accorsi a dare supporto ai loro candidati alla presidenza, supportati dalla propaganda di partito ma di fatto quasi ignorati dal grande pubblico.

Può considerarsi una eccezione il tour di Giuseppe Conte, oggi al vertice del M5Stelle, che ha riempito le piazze prevalentemente di donne accorse per vederlo da vicino dopo averlo seguito, con ansia e speranza, sera dopo sera, nelle dirette a reti unificate durante il lockdown. Si vedrà se applausi e manifestazioni di simpatia diventeranno voti nelle urne del 3 e 4 ottobre. Più di uno ci spera, tant’è che inaspettatamente Conte torna in Calabria per chiudere la campagna elettorale nel tentativo di trasformare in consenso elettorale ad Amalia Bruni l’entusiasmo che ha suscitato nelle piazze dove ha parlato. Si vedrà.

Amalia Bruni soltanto a poco più di dieci giorni dalla fine della campagna elettorale ha sferrato l’attacco al centrodestra entrando nel merito delle emergenze e delle responsabilità politiche di chi le emergenze, piuttosto che affrontarle per risolverle, le ha aggravate. Ha combattuto come ha potuto Amalia Bruni ma non era alla sua portata rimuovere e superare gli errori del PD, i contrasti interni, la conduzione commissariale, le resistenze dei feudatari a dare vita a un nuovo corso incentrato più sui valori che sugli assessorati, più sui bisogni dei calabresi piuttosto che sulle postazioni di potere. Insomma un PD più di lotta che di governo. C’è solo da sperare che non si sia sacrificata invano.

Mario Oliverio ha giocato la sua disperata carta di rappresaglia politica contro il commissario Graziano e i maggiorenti di Roma per il trattamento che gli è stato riservato. Di fatto è stato escluso dalla vita e dalle scelte del Pd, gli si addebita di aver favorito con i suoi comportamenti la sconfitta di Pippo Callipo a vantaggio del centrodestra di Jole Santelli. Oggi la polemica di Oliverio è per metà ideologica, storia e valori, e per metà di ostilità aperta al gruppo dirigente nazionale accusato di aver colonizzato politicamente la Calabria affidando il Pd calabrese alla disastrosa conduzione del commissario Graziano. Più in generale Oliverio teorizza, dimentico del suo quinquennio a capo del governo regionale, le discriminazioni dei governi nazionali a danno della Calabria ritenuta regione “canaglia” per la inaffidabilità della sua classe dirigente e la pervasività della criminalità nelle istituzioni. A Oliverio serve un 8 per cento di consensi elettorali per realizzare il quorum di coalizione. I sondaggi dicono che è difficile ma non impossibile.

Luigi De Magistris ha fatto una campagna elettorale da combattente politico così come era stato, da magistrato, un combattente contro corruzione, malaffare e criminalità. Ha usato un linguaggio crudo ma inequivocabile ed ha cercato il contatto e il sostegno politico con quanti hanno pagato prezzi alti alla malapolitica, alla malaburocrazia, alla malagiustizia e, non certo ultima, alla malavita in colletto bianco e doppiopetto e alle mafie che lui ha combattuto da magistrato. Da Mimmo Lucano , sindaco di Riace perseguitato, agli imprenditori  che hanno lottato contro la mafia, ai discriminati e dimenticati dal potere, dai portatori di handicap ai lavoratori precari ricattati politicamente, ai giovani che cercano un lavoro e un futuro altrove, Luigi De Magistris ha interpretato la Calabria dolente ma non rassegnata ai privilegi del potere e alle diseguaglianze nel corpo sociale, la Calabria  che non crede più nei partiti ma che continua ad avere fiducia nello Stato  e nelle sue istituzioni. A fronte del chiacchiericcio vago e pilatesco di chi cerca di scaricare sulla gestione commissariale il disastro della sanità, De Magistris ha parlato di “assassinio di Stato” riferendosi alle morti riconducibili alle inefficienze, alle negligenze e alle omissioni di chi avrebbe dovuto prendere le decisioni che non sono state prese. A fronte del diritto alla salute dei calabresi ci sono milioni di euro congelati finalizzati alla creazione di nuovi posti letto e all’assunzione di personale medico e paramedico di cui si ha vitale bisogno. Non ci sono giustificazioni così come non ci sono giustificazioni per la gestione dei rifiuti, la tutela del patrimonio boschivo, la balneabilità dei mari. Tutti temi messi sul tavolo del confronto elettorale ma ai quali gli altri candidati si sono sottratti se non con vaghi riferimenti senza indicare colpevoli e responsabili. Luigi De Magistris, al di là del responso delle urne, ha onorato la candidatura e il sostegno delle sue liste facendo una campagna di denuncia e di verità e consegnando ai calabresi la responsabilità del loro futuro. Questa la sua rivoluzione con la matita del seggio elettorale.

Roberto Occhiuto, candidato per il centrodestra alla presidenza, si è preso il lusso di fare una campagna elettorale morbida e lenta, rifuggendo dalle polemiche e dai proclami, evidentemente rassicurato del vantaggio attribuitogli dai sondaggi, ma non si è sottratto alle responsabilità che comporta la guida del governo regionale. Ha parlato esplicitamente di decisioni impopolari da assumere per rimettere la Calabria nelle condizioni necessarie per uscire dalle emergenze. Soprattutto in sanità dove, a suo dire, il problema è di competenze amministrative e manageriali che bisogna cercare fuori regione.

Il resto, con le dovute eccezioni, è palude o acquitrino stagnante fatto di guerre notturne per l’affissione dei manifesti murali, schermi luminosi con candidati sorridenti quanto sconosciuti ai più, fac-simile invasivi e “santini” dal barbiere al medico di famiglia. Argomentazioni politiche poche e rare, chiacchiere e promesse molte. “Chiacchiere e distintivo” appunto, perché il conflitto costa caro politicamente, richiede coraggio e si paga pegno.

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