UNA SUPPLICA LAICA A JOLE SANTELLI: DIA A SALVINI LA SANITA’ E LA ZES

Siamo stati i primi a rilevare il silenzio che è calato sulla scena politica una volta acquisito il risultato provvisorio  del voto per il consiglio regionale. Si sapeva che la procedura  prevede controlli accurati prima della promulgazione degli eletti ma non era mai accaduto che la trattativa per la formazione della squadra di governo diventasse una questione prevalentemente “romana” e la politica calabrese venisse ridotta al silenzio.

A quanto pare ci deve essere preliminarmente un incontro a Roma della Santelli con la Meloni, Salvini e chi manderà Berlusconi a rappresentare Forza Italia. Nemmeno nella Prima repubblica si era arrivati a tanto anche se la storia, non smentita, racconta che le giunte  e le maggioranze in Calabria si facevano nel treno “rapido”che portava i parlamentari calabresi a Roma. Prendevano ordini da Roma ma simulavano che erano loro a decidere. Insomma il “rapido” come sede di trattative ed accordi. Oggi nemmeno quello.

Tacciono i consiglieri eletti, tacciono i feudatari dei partiti sia di centrodestra che di centrosinistra, tacciono i sindaci che senza governo regionale non sanno a chi rivolgersi e contro chi protestare, tacciono i califfi delle burocrazie regionali in attesa di conoscere con  chi dovranno  interagire.

Giornali e media non hanno di che scrivere, se non del menu della cena  della Santelli con Salvini a Scilla, atteso che avrebbero deciso di non parlare di assessorati e di cose da fare. Il silenzio, quindi, finisce per configurarsi per una scelta strategica che non si comprende dove può portare mentre il silenzio confligge con le regole della democrazia.                                                                                                                                

Se non vogliono dire cosa hanno in mente, che visione hanno della situazione, come pensano di onorare gli impegni presi in campagna elettorale, su quali emergenze non bisogna perdere tempo, vuol dire che tutto si riduce alla nomina degli assessori, alle postazioni di potere, alla forza contrattuale da far valere. Il resto verrà dopo, quando si aprirà il sipario sulla nuova legislatura del teatrino regionale.

Tace anche l’opposizione che, per fare la sua parte, non ha bisogno della proclamazione degli eletti per aprire il dibattito sulle cose da fare, sulle aspettative dei calabresi i quali, non andando a votare 6 su 10, hanno fatto capire in che considerazione tengono la rappresentanza politica uscita dalle urne.

Rimane  il chiacchiericcio  davanti alla macchina che distribuisce il caffè , dove si replica quel poco che vanno ipotizzando i giornali sulle possibili nomine ad assessore ma sono parole in libertà poiché il nome prescelto deve prima passare “dentro” il partito,  con i trombati sul piede di guerra, e successivamente al tavolo del centrodestra dove  non sono da escludere possibili veti.

Al di là dei silenzi tattici, messi in campo come cavalli di frisia, siamo convinti che Jole Santelli, che politicamente non è nata ieri e a Roma ha frequentato i vertici del mondo politico, mai confondendosi né con i peones portatori di voti e di clientele né con le suffragette delle pari opportunità, il suo lavoro lo sta portando avanti. Con la necessaria discrezione, sapendo con chi ha a che fare e godendo dell’assistenza interessata di Forza Italia.

Sia come sia, avremmo una supplica, si una supplica laica, da rivolgere a Jole Santelli e cioè di conferire alla Lega di Matteo Salvini la delega alla Sanità e alla ZES (Zona Economica Speciale). Confidando che il ministro Speranza metta fine al più presto alla ulteriore, inutile quanto ingombrante presenza del commissario Cotticelli, avremmo tutti da imparare come si gestisce la sanità in versione leghista, alla Zaia e alla Fontana insomma.                                                                                                                

Salvini potrebbe far  scendere dalla Padania un manager  all’altezza della situazione, uno di quelli suggeriti da Zaia, decisionista quanto basta per  mettere in riga, ai vari livelli, i negligenti, gli  imboscati, i profittatori, i fornitori di servizi, le liste di attesa, la produttività dei macchinari e delle tecnologie, i guasti fasulli e, con precedenza assoluta, restituire dignità ai “prontosoccorso” che lavorano, per carenza di personale, in condizioni da quarto mondo.

 Avviata questa bonifica, eliminando sperperi, connivenze e imbrogli, dare un taglio netto all’emigrazione sanitaria che si aggira sui 300 milioni   che fanno ricche, felici e altamente remunerative le strutture sanitarie di Veneto e Lombardia. Vediamo che succede, dalle parti di Zaia e di Fontana, come la  prendono se la mammella dell’emigrazione sanitaria calabrese non dovesse dare più latte agli ospedali del nord. Altro che  autonomia differenziata.

Poi c’è la ZES, la cui realizzazione dovrebbe rappresentare la svolta dell’assetto economico – produttivo della Calabria, con una esplosione di iniziative imprenditoriali e conseguente ricaduta occupazionale. Quello che ci aspettiamo da quando Garibaldi  a Teano consegnò al re d’Italia il sud conquistato all’Unità e da quando,  circa un secolo dopo, Primo Levi informò il mondo intero che  “Cristo si è fermato ad Eboli “.

Ora, essendo consapevoli che nostro Signore ha drammi più seri di cui prendersi cura prima di completare il suo percorso da Eboli  verso la Calabria, ci dobbiamo accontentare dell’arrivo di Matteo Salvini il quale, per come ha parlato in campagna elettorale, sa come rendere felice e produttiva “questa splendida terra”. Parole sue.

Se  le cose andranno però come ha lasciato intendere, il suo impegno si ridurrà alla valorizzazione del cetriolo e altri ortaggi ( Agricoltura)  e a una clonazione del “Papete” (Turismo ), sulle spiagge da Praia a Mare a Reggio, per cantare in mutande l’Inno di Mameli bevendo moijto. Può darsi che porterà la nduija negli stand enogastronomici di tutta la Padania ma non di questo la Calabria ha bisogno.

Se Salvini “prende”  Agricoltura e Turismo farà bella figura anche senza fare nulla e avrà la facoltà di dolersi  di tutto ciò che non va negli altri settori. Applicherà lo schema applicato con Di Maio nel governo “a contratto”, imponendo di fatto la sua leadership e spostando consensi dal M5Stelle alla Lega. Ponendo il veto alla candidatura di Mario Occhiuto, voluta da Berlusconi, ha fatto intendere che in Calabria vuole comandare. Senza rischiare.

Questo Jole Santelli, per amor proprio e per gratitudine a chi l’ha votata col 55%, non lo deve permettere. La Lega non la può né minacciare né ricattare se non ottiene Agricoltura e Turismo e, quindi, non ci privi del compiacimento di vedere finalmente Salvini  e i suoi al lavoro, a fare oltre che a dire, insegnandoci come si fa, con la“spesa storica” inventata da Calderoli, a recuperare il differenziale nord-sud, il deficit infrastrutturale, il reddito pro-capite metà di quello del nord, la mancanza di investimenti, la disoccupazione giovanile che viaggia oltre il 50 per cento,primato europeo. Lui, Zaia e tutto il cucuzzaro della Lega in parlamento hanno sempre affermato che il sud non decolla, non produce e non progredisce per la “classe dirigente” che mette in campo. Forse ha ragione. Quale migliore occasione allora. Non chiediamo la luna. Chiediamo  soltanto di fargli fare quello che ha detto in campagna elettorale di volere e di saper fare.

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