Quanto pesa il coraggio? La bufala del “CIAO CALABRIA MENTRE VADO VIA PIANGO PER TE”

Il fenomeno del “copia e incolla” ha certamente molteplici perché, a seconda dell’argomento. La lettera “strappalacrime” che ha invaso il web, probabilmente concepita in Sicilia e non in Calabria (a  Fuscaldo), è stato il mezzo, per qualcuno di esternare i suoi pensieri sul fenomeno della “fuga dei cervelli” ma anche della sola forza lavoro, per qualcun altro di sollecitare freddi like.

La redazione di PaolaOggi, oltre a indicare alcuni tra i tanti spazi virtuali d’informazione cascati nel tranello, non può esimersi dall’esternare ai suoi lettori la propria opinione.

Un “collettivo”, PaolaOggi, che s’impegna per argomentare l’oggi al solo scopo di PUNTARE ALLA TESTA del lettore pensante, formato da eterogeneità anagrafica e culturale, essendo anche apolide (vista la provenienza dei contributi da più punti geografici diversi), è abilitato a proporre la propria visione condivisa dell’argomento FUGA DALLE PROPRIE TERRE D’ ORIGINE.

Quanto pesa il coraggio di chi decide di andarsene, via dalla Calabria, e quanto pesa il coraggio di chi resta? Perché il CORAGGIO è bipartisan e incide nella vita di ognuno di noi.

Il coraggio di partire può essere semplicisticamente sintetizzato nella lettera di cui sopra, nella quale molti si sono specchiati, oggi rimbalzata su numerose piattaforme anche autorevolmente affermate nel campo dell’informazione. Le declinazioni calabresi e siciliane della missiva, del grido d’allarme, hanno un comune denominatore

sei diventata troppo stretta, troppo sporca, troppo incivile, troppo corrotta: invivibile. Sei invivibile Calabria (o Sicilia, o …), riesci a sentire il giudizio dei tuoi figli?

Il cordone ombelicale con le proprie terre d’origine è spesso reciso da chi non regge il paragone con altre realtà più o meno vivibili, in cui la problematica del lavoro è più affrontabile e risolvibile altrove e non sotto casa.

Qualsiasi lavoro: operaio, cameriere, cuoco, lavapiatti è comunque più dignitoso di quello che tu puoi offrirci. E non importa se si parte per Londra, Milano, Venezia, Berlino, Roma, Bristol, AMERICA; non importa se quel lavoro lo si trovi in Danimarca, Svizzera, Belgio, Piemonte…per noi calabresi si tratterà sempre e solo di “andare al vivere al nord”.

Reazioni simili sono figlie di quel modus operandi che Massimo Gramellini ha egregiamente evidenziato recentemente sul Corriere della Sera nel suo IL MESTIERE DI STUDIARE.

É un dovere fornire, da parte delle istituzioni, e un diritto di tutti noi avere la possibilità di inseguire i propri talenti e migliorare la propria posizione sociale anche in terra natia. Come ci ricorda Gramellini, i nostri nonni si spezzavano la schiena pur di fare studiare i figli. Volevano che stessero meglio di loro: nel portafogli, ma anche nella testa e nel cuore. Non è questione di preferire il lavoro intellettuale a quello manuale, entrambi nobilissimi. Solo di ricordarsi che la scuola non è nata per formare dei lavoratori, ma degli esseri umani.

La SCUOLA, unica istituzione in grado di ridurre quel gap che chi ha il coraggio di emigrare vuol colmare con il resto del mondo, raggiungendolo senza riconoscerlo intorno a sé.

C’é poi il coraggio di chi resta, e non è da meno di chi invece parte per non tornare. É quel coraggio di affrontare la realtà delle cose e lottare per migliorarle, consapevoli che poco hanno potuto fare i nostri padri e i nostri nonni, e poco, probabilmente, riuscirà a fare chi resta, ma almeno ci proverà. E’ quel coraggio di non delegare ad altri la soluzione dei problemi. E’ quel coraggio condito da molteplici perchè, dalla testardaggine dei meridionali che antepone la consapevolezza del paradiso in cui vive chi resta, all’inferno delle difficoltà che gli stessi affrontano restando.

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