Torniamo dal fruttivendolo

Sacchetti biodegradabili a pagamento: mossa politica contro PD & co.? Ennesimo autogol del governo o c’è dell’altro?

La norma che il governo italiano ha introdotto dall’1 gennaio 2018 riguarda esclusivamente (legge 3 agosto 2017 n. 123, comma 1 dd-quinquies) le borse di plastica in materiale ultraleggero cioè «borse di plastica con uno spessore della singola parete inferiore a 15 micron richieste a fini di igiene o fornite come imballaggio primario per alimenti sfusi».

Per l’Europa le borse di plastica fornite come imballaggio primario per alimenti sfusi possono essere non biodegradabili.

Molti si affannano nel puntare il dito sull’imposizione europea ma evitano di dire che la direttiva 2015/720 (link) non impone regole sui sacchetti leggeri, al contrario: «Gli Stati membri possono scegliere di esonerare le borse di plastica con uno spessore inferiore a 15 micron («borse di plastica in materiale ultraleggero») fornite come imballaggio primario per prodotti alimentari sfusi». L’esatto contrario di quanto ha appena fatto l’Italia.

Quindi la norma si applica esclusivamente alle borse, a null’altro, tutti gli altri sacchetti a fini igienici a diretto contatto con gli alimenti che sono di plastica più spessa o di altri materiali non sono interessati da alcun obbligo della nuova legge, non solo possono essere di plastica non biodegradabile ma possono essere ceduti a titolo gratuito.

Matteo Renzi ha replicato su Facebook affermando che il Governo ha solo attuato la normativa europea. FALSO 

La direttiva europea introduce l’obbligo di limiti ai sacchetti della spesa simili a quelli che esistono da anni in Italia, dove le buste del supermercato sono biodegradabili e a pagamento.

In estate il Parlamento ha approvato il decreto Mezzogiorno (link) nel quale all’articolo 9-bis è stato aggiunto il recepimento della direttiva 720. Ma sono stati aggiunti anche emendamenti che impongono dal 1° gennaio l’uso esclusivo di plastica biodegradabile per i sacchettini “ultraleggeri” con i quali si pesano e si prezzano i prodotti sfusi come pane, ortaggi, frutta.

È qui che è intervenuto l’errore commesso dal Ministero, la dichiarazione che le borse riutilizzabili non possono essere impiegate; nella Legge, di questo divieto non vi è traccia. L’imposizione del prezzo esplicito del sacchetto, che doveva funzionare da incentivo all’adozione della alternativa ambientalmente preferibile, nel momento in cui viene impedita tale alternativa, è stato percepito come una vessazione.

Nessun vantaggio ambientale, economico e sociale per tutti, consumatori ed esercenti.

La confusione provocata ha una sola via d’uscita che da provvisoria potrebbe divenire definitiva: il

ritorno al mercato e al fruttivendolo

dove l’ortofrutta è meno stressata e più salutare, anche per l’economia del Paese.
E’ come se tutti ci fossimo dimenticati che fino a pochissimo tempo fa facevamo la spesa dal fruttivendolo sotto casa, dal macellaio di fiducia, e nel piccolo negozio di alimentari all’angolo.
Il panetterie sfornava il pane che serviva a soddisfare la gente del quartiere senza sprechi inutili, dal fruttivendolo i broccoli si trovavano solo in inverno e le fragole solo in primavera, e spesso, se le condizioni del mare erano proibitive, dal pescivendolo c’era poca scelta.

Per approfindire:

 

 

 

 

Lascia un commento