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Intervista al sindaco parte 3: l’attesa della sentenza

Anche se angosciato in attesa della sentenza, il sindaco continua l’intervista e ci invita ad ascoltarlo.

Nella giornata in cui si è tenuta la prima udienza (rinviata) del processo al quale sono legate le sorti dell’attuale amministrazione, il sindaco ci convoca per continuare l’intervista e dirci la sua sul caso.

D. Sindaco, non ci aspettavamo la sua chiamata, specie in una giornata come quella di oggi che lei attendeva. Nei precedenti incontri ( intervista n°1intervista n°2 ) confessò che la sentenza l’aveva intesa come una sorta di liberazione “dal cappio” che si sente, ci disse, “attorno al collo messomi da chi ha supportato la mia campagna elettorale e ora chiede i dovuti riconoscimenti”. La situazione è cambiata?

R. Non può essere cambiata, specie col rinvio di oggi. L’angoscia aumenta, 49 giorni di attesa non saranno facili da affrontare. Come ho accennato le altre volte sento d’aver esaurito lo scorte, le energie profuse finora sono state destinate più al mantenimento degli equilibri di maggioranza che al vero e proprio governo della città.

D. Quella che lei definì timidezza, riguardo la minoranza consiliare, non si è dimostrata tale vista l’inquietudine che le provoca l’attesa della sentenza di incompatibilità.

R. “Siediti lungo la riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico”, diceva un antico proverbio cinese. E’ così che la minoranza sta dimostrando i suoi muscoli. Silenti o assenti in consiglio comunale, la minoranza ha fatto un ricorso che mi fa sentire in bilico.

D. La sentenza dovrà giudicare lei e gran parte della sua compagine a causa dei crediti che il Comune vanta nei vostri riguardi. La legge sembrerebbe chiara, dice che, stante così la questione sarebbe incompatibile la carica ricoperta da lei in qualità di sindaco e da suoi consiglieri e assessori morosi.

R. Non abbiamo mai accettato la dichiarazione di dissesto, ci siamo incartati con le nostre stesse mani attraverso azioni amministrative e delibere.

D. Vuole essere più chiaro? Specie per quei lettori che potrebbero avere qualche difficoltà nel comprendere alcuni tecnicismi.

R. Il ministero dell’Economia e delle Finanze accertò nel 2013 che non rispettammo il patto di stabilità per gli anni 2009-2011. Fu la mia stessa Giunta, nel 2012, ad accertare il mancato patto di stabilità interno stabilendo, quale sanzione necessaria ed ineludibile, la riduzione delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza agli amministratori nella misura del 30%, così come prevede la legge.

D. La dichiarazione di dissesto che c’entra?

R. Il dissesto che noi non abbiamo mai digerito ma che la passata amministrazione dichiarò, tra gli atti propedeutici avviò un’attività di riaccertamento dei crediti e dei debiti: da ciò emerse che la mia amministrazione, nonostante le azioni che provvedemmo a fare (dichiarazione del mancato rispetto del patto, e delibera di riduzione delle spettanze), continuò a percepire somme maggiori a quelle previste dalla legge. Io e i citati nel ricorso, nonchè tre assessori oggi non più in carica, percepimmo indennità non ridotte del 30% previsto dalla legge, risultammo quindi debitori nei confronti dell’ente che oggi mi vede a capo.

D. 60 mila euro? A questo ammonta il debito?

R. Sì, sarebbe all’incirca questo l’esborso finanziario che abbiamo causato alle casse dell’ente.

D. A parte i tecnicismi della legge, non si sente in colpa?

R. La legge va rispettata ma va anche interpretata. Mi spiego meglio. Io, in qualità di sindaco ero debitore di circa 24 mila euro per maggiori e non dovute indennità. Tra i miei attuali consiglieri, queste sarebbero, più o meno, le somme da restituire: 4000€, 7.000€, 10.000€. 37.000€ indebitamente percepiti in qualità di amministratori.

D. Nonostante le richieste di restituzione che l’ente inviò?

R. Probabilmente. Le rispondo così perchè non ci fu una richiesta pressante, tale da indurci alla restituzione del dovuto, se non ricordo male, solo nel 2013 e nel 2015 furono inviate le raccomandate d’intimazione alla restituzione.

D. A oggi avete restituito le somme dovute?

R. Questo è un aspetto secondario riguardo la vicenda. Hanno perso le elezioni e vogliono far decadere un’amministrazione democraticamente voluta dalla maggioranza degli elettori.

D. Non sembrerebbe, però, una questione di lana caprina: lei stesso riconosce un debito di circa 60.000€ nei confronti dell’ente che oggi governa.

R. Attenda, le leggo una cosa.
“Colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso il comune o la provincia ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell’avviso di cui all’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602” …  Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale o circoscrizionale. Così recita il Testo Unico degli Enti Locali.

D. Allora conviene che il ricorso è fondato.

R. Le dirò di più, oltre ai 60.000€ di indennizzi indebitamente percepiti da me e da altri miei amministratori, siamo debitori anche per aver perso l’impugnativa avverso la dichiarazione di dissesto.

D. Lei è stato disponibile e sincero nelle nostre lunghe interviste, ci ha invitati a continuare proprio oggi, giorno dell’udienza che tanto attendeva. Mi consenta di essere franco, le chiedo: questo volere a tutti i costi amministrare anche se probabilmente incompatibili, lo deciderà una sentenza a breve, è legato all’intento di non saldare il debito? Sarebbe difficile pensare che possiate sollecitare l’avvio, contro voi stessi, delle procedure per il recupero dei crediti dell’ente anche se consacrati dagli atti e dalle diffide?

R. A pensar male del prossimo si fa peccato ma si indovina, diceva qualcuno. Il giorno della convalida degli eletti fu un evento unico, credo, nel panorama istituzionale italiano. L’euforia del momento ha probabilmente preso il sopravvento: il mio comportamento e, specialmente, il comportamento di parte della mia nuova squadra di governo, ha probabilmente viziato il cammino del quinquennio. Mi hanno fatto male, non tanto le arringhe dell’ex sindaco; sono abituato al suo dire e conoscevo bene l’argomento, mi hanno fatto male di più le dichiarazioni di alcuni miei consiglieri. L’atteggiamento del presidente del consiglio che ha letteralmente spodestato l’anziano quel giorno in carica, è stata la ciliegina sulla torta di un inizio di consiliatura cruenta, non tanto nei confronti della minoranza ma nei rapporti con i miei stessi compagni di squadra.

D. Lei ha dichiarato di non aver mai ricevuto un decreto ingiuntivo riguardo le somme che deve restituire all’ente. Non le sembra di esagerare? Non solo, alcuni suoi consiglieri coinvolti nel caso hanno urlato di non avere debiti con nessuno. Lei stesso ha deliberato la riduzione degli indennizzi per il mancato rispetto del patto di stabilità, lei stesso e suoi compagni di viaggio, alcuni ancora oggi al suo fianco, avete percepito indebitamente soldi pubblici, sottratti alle casse dell’ente che governa, non è pensabile che un decreto ingiuntivo debba farle saldare il debito.

R. La mia legislatura è stata democraticamente eletta, con qualche vizio è vero. Mi aspetto che il tribunale, pur riconoscendo la fondatezza delle premesse giuridiche, conceda a me e agli altri amministratori coinvolti un termine di grazia per saldare il debito.

D. Lei e il suo vice, supportati anche da qualche dirigente degli uffici comunali avete sempre dichiarato che i cittadini hanno il dovere di pagare i loro debiti con il Comune perché altrimenti il Comune non può andare avanti. Non le sembra, questo, un atteggiamento classista? Stonano un po’ certe affermazioni fatte anche da un autorevole esponente della polizia tributaria, colui al quale sarebbe demandato l’accertamento e la repressione delle violazioni finanziarie.

R. E’ vero, faccio mea culpa. La soluzione ottimale, per la mia città e per me e i miei compagni d’avventura politica, ribadisco, sarebbe la decadenza: quella liberazione da personaggi scomodi che in sette mesi ho dovuto assecondare. Mi rimboccherei le maniche e costruirei una nuova e più competente squadra di governo senza avvalermi di incompetenti che oggi fungono solo da zavorra alla macchina comunale.

D. E se invece, in perfetto stile giudiziario italiano, verrà riconosciuto il debito, suo e dei suoi consiglieri e assessori, ma che per qualche sciocco vizio di procedura non giungerà la decadenza?

R. Fino a oggi non ho rispettato gli impegni assunti in campagna elettorale. Per garantirmi il decennio amministrativo, per non essere messo fuori gioco dai cittadini tra quattro anni, salderò il debito e mi libererò delle mele marce per garantire alla mia città il ruolo che le spetta. Se invece la minoranza uscirà ringalluzzita dalla sentenza, affileremo le armi e li avverseremo politicamente.

D. Grazie per la sua disponibilità, alla prossima.

R. Grazie a lei e alla sua testata per l’attenzione. E’ l’unico mezzo che mi permette un rapporto diretto e franco con la cittadinanza, senza i filtri di puerili e asserviti intellettualoidi.

Ringraziamo i lettori per l'enorme attenzione che stanno dedicando 
alle puntate di questa intervista con il Sindaco.
Un'intervista che vorremmo davvero fare e delle risposte che
vorremmo davvero ricevere.
Alla prossima puntata...

 

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